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Riforma Bernini: addio maxi-ricorsi per entrare a Medicina?
Ti stai chiedendo se dal 2025 potrai ancora “salvare” l’accesso a Medicina con un maxi-ricorso? O magari vuoi capire come funziona quel famoso “semestre aperto” di cui parlano tutti? Se temi che la riforma Bernini stravolga per sempre il test d’ingresso (e il business dei ricorsi), lascia che ti spieghi – in modo semplice, da collega che il test l’ha già superato – che cosa cambia davvero. Il semestre aperto: una mini-facoltà senza barriere d’ingresso Dall’anno accademico 2025/26 chi sogna il camice non si vedrà più sbattere la porta in faccia a settembre: la riforma Bernini prevede un primo semestre a iscrizione libera, in cui si seguono corsi di base (biologia, chimica, logica, anatomia). Alla fine dei sei mesi c’è un esame-soglia: chi lo supera passa a Medicina, chi non ce la fa confluisce automaticamente in corsi affini senza perdere i crediti maturati. L’idea è duplice: dare a tutti una possibilità reale – non il classico test a crocette di due ore – e selezionare in modo più meritocratico, valutando studio, continuità e risultati. Perché (in teoria) i ricorsi dovrebbero calare Finché la selezione avveniva in un unico giorno, bastava un vizio procedurale per innescare un’ondata di carte bollate. Con il semestre aperto: Meno errori formali: l’esame finale avviene in sessioni multiple, con docenti interni e protocolli d’ateneo più difficili da contestare. Punteggi su scala ampia: non serve più “passare per mezzo punto”, quindi sparisce il margine di battaglia su una domanda ambigua. Graduatoria locale, non più una classifica nazionale da 70 000 nomi: difficile creare “maxi-ricorsi eterogenei” se ciascun ateneo gestisce i propri respinti. Dopo il cartellino rosso del Consiglio di Stato 2024 ai mega-ricorsi da 400 candidati, il nuovo assetto sembra cucito per scoraggiare le class action amministrative. I nodi che potrebbero far scattare ancora il contenzioso Sarà davvero la fine delle vie legali? Non cantiamo vittoria troppo presto: l’esperienza insegna che ogni riforma genera nuovi punti critici. Trasparenza dell’esame-soglia: se domande e criteri di correzione non sono pubblici, gli avvocati avranno terreno fertile. Omogeneità tra atenei: programmi disallineati potrebbero alimentare ricorsi per disparità di trattamento (“a Milano era facile, a Palermo no”). Capienze di laboratorio e tirocini: se l’università ammette troppi studenti e poi taglia posti al secondo anno, scatterebbero ricorsi “da sovraffollamento”. Maxi-ricorsi addio? Uno scenario realistico La riforma Bernini, sommata alla giurisprudenza restrittiva del 2024, rende i maxi-ricorsi di massa molto improbabili. Il contenzioso non sparirà, ma diventerà più chirurgico: singoli studenti o piccoli gruppi con prove solide (un verbale d’aula mancante, errori di verbalizzazione del voto) anziché armate di centinaia di candidati basate su vizi teorici. In pratica il ricorso tornerà a essere ciò che dovrebbe: l’eccezione che corregge uno sbaglio, non l’arma in dotazione sistematica a tutti gli esclusi. Sei un futuro matricolando? Ecco come muoverti Frequentare davvero le lezioni del semestre aperto: il primo filtro sarà la costanza, non la fortuna sul quiz. Tenere traccia di tutto: appelli, voti, eventuali anomalie didattiche. Se dovesse servirti un ricorso individuale, le prove scritte fanno la differenza. Valutare piani alternativi già a gennaio: se l’esame-soglia non va, potrai restare nello stesso ateneo in biologia, biotech o infermieristica senza ripartire da zero crediti.

Quante chance ha oggi un ricorso al test di Medicina?
Quante possibilità ho di entrare a Medicina con un ricorso? Davvero nel 2014 passarono tutti e oggi non ce la fa più nessuno? E le cifre “un ricorso su cento vince” o “uno su tre” sono veritiere? Se anche tu stai cercando “percentuale successo ricorso test medicina” per capire se vale la pena provarci, qui trovi – dati alla mano – com’è andata dal 2014 al 2023, senza mitologie né allarmismi. Dal boom 2014-2016 alle prime frenate 2014 – l’anno spartiacque. Le irregolarità macroscopiche (anonimato violato, domande trapelate) esplosero in un’ondata di sentenze favorevoli: circa 6 000 – 7 200 studenti ottennero il camice pur avendo fallito il quiz. Rapportato ai 50-55 mila esclusi di quell’anno, si parla di una vittoria ogni 8-9 esclusi – un picco attorno al 12-15 % che non si è più ripetuto. 2015 – il contraccolpo. I ricorsi proseguirono sull’onda lunga del 2014, ma lo spazio si ridusse: circa 2 000 ammessi extra, l’equivalente di un 4 % scarso degli esclusi. Il TAR Lazio continuò a segnalare vizi, tuttavia gli atenei iniziarono a blindare le procedure, tagliando il margine d’errore. 2016 – la sentenza-sombrero. A febbraio il TAR riunì i ricorsi 2014-2015 e spalancò l’ingresso a circa 9 000 studenti in totale, includendo chi era rimasto in sospeso. Il dato gonfia il “conto” di quell’anno, ma fotografa un trend destinato a esaurirsi: i tribunali, da lì in avanti, avrebbero chiesto prove sempre più puntuali. La lunga transizione (2017-2019) Fra il 2017 e il 2018 il fenomeno si normalizzò. Le procedure d’aula vennero irrobustite, i bandi corretti in anticipo e i ricorsi collettivi cominciarono a incontrare resistenze. Le ammissioni extra restarono nell’ordine di qualche centinaio, percentuali sotto il 2 %. Il 2019 riaccese i riflettori con domande ambigue e un +35 % di segnalazioni, ma al traguardo si contarono circa 1 660 posti recuperati (meno del 3 % degli esclusi). Era il segnale che l’era d’oro dei maxi-ricorsi stava finendo. Pandemia, TOLC-MED e la linea dura (2020-2023) 2020-2021. Complice l’aumento dei posti per l’emergenza sanitaria, le vittorie legali scesero ai minimi: circa 250 ammessi su decine di migliaia di esclusi, meno dell’1 %. 2022-2023. Il debutto del TOLC-MED portò nuovi dubbi su sessioni irregolari. Il TAR Lazio inizialmente sospese le graduatorie, ma nel 2024 il Consiglio di Stato le ha ritenute valide e, soprattutto, ha bocciato i ricorsi “eterogenei”. Risultato: zero immatricolazioni extra per i candidati 2023 – successo letteralmente 0 %. Cosa dicono (davvero) questi numeri ? La stagione dei colpi di scena giudiziari è stata breve. I picchi 2014-2016 restano un unicum legato a vizi macroscopici ormai difficili da replicare. Negli ultimi cinque anni la curva è crollata sotto il 3 % e, nel 2023, a zero. Per chi decide oggi, le probabilità di successo sono più simili a quelle di un terno al lotto che a quelle di un investimento prudente. Le sentenze recenti premiano casi individuali ben documentati. Se non hai un errore formale nel tuo elaborato o una violazione flagrante dell’anonimato, la strada si fa in salita.

Ricorso o no? 4 domande per capire se ti conviene
Hai appena scoperto di non essere entrato a Medicina e stai digitando freneticamente “fare ricorso test medicina conviene?” o “quanto costa ricorso tar medicina” su Google? Ti capisco: ci sono passato anch’io e so quanto sia facile perdersi tra cifre, sentenze e promesse lampo di studi legali. In questo post, senza giri di parole, ti propongo quattro domande-chiave che puoi farti adesso per decidere se investire tempo e denaro in un ricorso vale davvero la candela. 1. Ho individuato un vizio concreto nella mia prova? La storia dei ricorsi insegna una cosa: senza irregolarità documentabili il TAR oggi difficilmente apre le porte. Funzionavano i maxi-ricorsi quando nel 2014 esplosero plichi manomessi e anonimato violato; oggi la linea dei giudici è più severa. Domande stampate male, buste sigillate in ritardo, dati personali esposti sul banco: se nulla di tutto questo ti riguarda, la probabilità di vittoria scende parecchio. 2. Quanto sono distante dalla soglia di ammissione? Gli avvocati lo dicono sottovoce ma lo sanno tutti: se sei rimasto di pochi punti fuori graduatoria, basta un quesito annullato o una correzione formale per farti salire. Se invece hai 15-20 punti di gap, anche una sentenza favorevole potrebbe non bastare: il TAR non riscrive la classifica, la aggiusta. Più sei vicino, più il ricorso diventa un investimento sensato. 3. Posso permettermi il costo (…e il tempo)? Sul fronte spese, la forchetta è ampia: 2-4 mila euro per un ricorso individuale “su misura”, 200-500 euro se ti aggrega uno studio privato, fino ai 10 euro simbolici delle associazioni studentesche. A questo va sommato il contributo unificato da circa 650 €. In media, negli ultimi anni solo il 3 % circa degli esclusi è rientrato via ricorso: un rischio d’impresa da valutare a mente fredda. Ricorda anche i tempi: la sospensiva cautelare può arrivare in pochi mesi, ma la sentenza definitiva slitta spesso oltre l’anno accademico seguente. Sei pronto a studiare “con riserva”, sapendo che tutto potrebbe saltare? 4. Qual è il mio piano B se il ricorso va storto? Fare ricorso non ti esonera dall’avere un’alternativa: iscriversi a Biotecnologie per non perdere tempo, riprovare il test l’anno dopo, valutare un ateneo estero o una laurea affine. Mettere nero su bianco un piano B riduce l’ansia, chiarisce quanto puoi “permetterti” un esito negativo e, paradossalmente, rende più lucida la decisione di tentare (o meno) il TAR. In sintesi Se riesci a rispondere “sì” a vizio concreto e punteggio vicino, e il tuo budget regge, il ricorso è una carta che può cambiarti la vita lo dimostrano le migliaia di studenti ammessi nel biennio 2014-16. Se invece i “no” superano i “sì”, forse è il momento di concentrare energie sul prossimo test o su un percorso alternativo. Qualunque scelta farai, l’importante è che sia informata, realistica e libera da illusioni-spot.

Quanto costa davvero fare ricorso? Numeri, parcelle e rischio d’impresa
Stai cercando di capire se vale la pena investire dei soldi per impugnare il test di Medicina? Ti chiedi perché c’è chi parla di poche decine di euro mentre altri citano cifre a quattro zeri? In questo articolo metto in fila, con la franchezza di un amico che si è già tolto il peso del quiz, tutto ciò che serve sapere su prezzi, voci di spesa nascoste e probabilità di rientrare dell’investimento. Perché i costi oscillano così tanto Il ricorso non è un prodotto “taglia unica”. La spesa dipende da tre fattori chiave: Tipo di azione: individuale o collettiva. Professionista scelto: grosse boutique legali, studio di nicchia o sindacato studentesco. Ampiezza del gruppo: più ricorrenti, parcella pro-capite più bassa. Su ogni pratica pesa inoltre il contributo unificato – un’imposta fissa di circa 650 € – che va versata al tribunale amministrativo prima ancora di iniziare la battaglia. I tre “listini” più diffusi Ricorso individuale. La formula “one-to-one” garantisce massima cura del dettaglio, ma si paga cara: tra 2 000 € e 4 000 € tutto compreso. Una parte copre le spese vive (imposta, notifiche, marca da bollo), il resto è onorario del legale. Alcuni studi offrono pacchetti “chiavi in mano” sui 2 500 €, altri sfiorano i 4 000 € se includono eventuale appello al Consiglio di Stato. Ricorso collettivo con studio privato. Qui la parcella viene spalmata su decine o centinaia di studenti; scende a 200-500 € a testa. Il rovescio della medaglia è che il tribunale, di recente, guarda con sospetto i maxi-ricorsi eterogenei: nel 2024 il Consiglio di Stato ha bocciato in blocco un’azione di 400 candidati perché “troppo diversi tra loro”. Ricorso “low-cost” promosso da associazioni studentesche (UDU & Co.). Quota simbolica: spesso 10 € per aderente, talvolta persino gratis. Funziona se il sindacato punta su un vizio macroscopico (anonimato o domanda errata per tutti). Il singolo, però, ha zero personalizzazione e si ritrova appeso alle sorti collettive. Ma quanto ci guadagni (o ci perdi) davvero? Nelle annate d’oro – 2014-2016 – le ammissioni extra superarono le 6-9 mila unità, e il costo medio di un ricorso (1 000 € circa) sembrava un affare. Negli ultimi anni la musica è cambiata: nel 2019, su oltre 50 000 esclusi, appena 1 660 hanno recuperato il posto (circa il 3 %). In termini di rischio-vincita significa che, statisticamente, è più facile pagare e non entrare che il contrario. Aggiungi il fattore tempo: la sospensiva può arrivare in pochi mesi, ma la sentenza definitiva slitta anche di due-tre anni. Se il giudice ti toglie la riserva a giochi fatti, hai perso denaro e – soprattutto – semestri di studio. Costi nascosti di cui tenere conto Spese d’appello: se il TAR respinge, per salire al Consiglio di Stato servono altri 1 000-1 500 € e nuovi bollettini. Trasferte e notifiche: piccole somme (50-150 €) che si sommano strada facendo. Stress emotivo: vivere “con riserva” significa frequentare lezioni senza la certezza di poter verbalizzare gli esami. Strategie per limitare la spesa (senza farsi illusioni) Screening gratuito del caso. Molti studi offrono valutazioni preliminari senza impegno: approfittane per capire se hai davvero un vizio da far valere. Soglia di punteggio. Se sei a margine della graduatoria, hai più chance di rientrare con pochi punti recuperati; se sei lontano, la causa sarà tutta in salita. Evita il “ricorso emotivo”. Diffida delle pubblicità-banner “ricorso garantito”: nessun avvocato serio promette la vittoria.

Dal 1999 a oggi: breve storia dei ricorsi al test di Medicina
Sei curioso di scoprire perché in Italia si fa ricorso contro il numero chiuso di Medicina? Ti stai chiedendo come mai alcuni studenti bocciati riescono comunque a indossare il camice? O magari vuoi capire se oggi “vale la pena” tentare la via del TAR? In questo articolo ti racconto, con lo sguardo di chi quel test lo ha già superato, come sono nati i ricorsi, quando hanno fatto davvero tremare il sistema e perché oggi la partita è più complicata. L’alba dei ricorsi: la legge 264/1999 e i primi malumori Fino alla fine degli anni ‘80 iscriversi a Medicina non era un’impresa impossibile: bastava il diploma giusto e tanta voglia di studiare. Il sovraffollamento però stava diventando ingestibile, così nel 1999 la legge 264 istituì ufficialmente il numero chiuso nazionale. Da quel momento chi restava fuori cominciò a bussare alle porte dei tribunali amministrativi: era nato il ricorso “moderno”. All’inizio si trattava di piccoli gruppi, ma bastò poco perché la voce girasse. Emblematico il caso del giovane avvocato Massimo Tortorella che tappezzò l’Italia di volantini “Non hai passato il test? Chiama questo numero” e si ritrovò con diecimila aspiranti medici al telefono. Gli studenti ottennero un’ammissione lampo dal TAR, poi il Consiglio di Stato li rispedì a casa, finché un provvedimento ad hoc del Parlamento li salvò. L’idea che un giudice potesse ribaltare l’esito di un quiz prese così piede tra migliaia di famiglie. Anni 2000: i contenziosi diventano di massa Nei primi anni Duemila i ricorsi iniziano a ingranare. Il test, organizzato ateneo per ateneo, mostrava lacune procedurali che gli avvocati non faticavano a smascherare: buste non sigillate a dovere, verbali incompleti, domande con errori di stampa. Ogni sessione di prova diventava potenziale polveriera legale. Le università cercavano di correre ai ripari, ma la mole di candidati esclusi (tre su quattro, in media) garantiva sempre un bacino enorme di potenziali ricorrenti. Nel frattempo il “mercato” cresceva: nascevano studi specializzati, sindacati studenteschi avviavano maxi-azioni collettive low-cost e le parcelle iniziavano a muovere cifre a sei zeri. 2013-2016: quando il TAR fece crollare il muro La vera svolta arrivò nel 2013, con l’introduzione della graduatoria unica nazionale e il pasticcio del “bonus maturità”. Più di tutto, però, pesò la questione dell’anonimato violato: codici identificativi stampati sui fogli, carte d’identità poggiate accanto ai test, correzioni non del tutto cieche. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato stabilì che l’anonimato è sacro nei concorsi pubblici: da quel momento ogni sbavatura poteva innescare un ricorso vincente. Il 2014 fu l’anno dell’apoteosi: plichi manomessi, domande trapelate nella notte e un TAR Lazio che riammise migliaia di bocciati “con riserva”. In alcune facoltà gli iscritti aumentarono del 50 %, costringendo i rettori a lezioni in streaming. Nel 2016, con una decisione epocale, lo stesso TAR fece entrare circa 9 000 studenti esclusi nelle annate 2014-2015: sembrò la fine del numero chiuso, almeno per chi aveva un avvocato dalla propria parte. Dopo il picco: assestamento e nuove sfide (2017-2019) Passata la tempesta, il Ministero affinò i protocolli d’aula e la pioggia di ricorsi rallentò, ma non si fermò. Nel 2017 e 2018 alcuni atenei si ritrovarono addirittura con l’accesso libero per decisione dei giudici, a dimostrazione che la miccia poteva riaccendersi in ogni momento. Il 2019 riaccese i riflettori: segnalazioni di irregolarità salite del 35 % rispetto all’anno prima, punte ambigue a Roma, Milano e Napoli, e oltre duemila richieste di ricorso raccolte in una sola settimana da un grande network legale. Eppure, alla fine, gli ammessi in sovrannumero si contarono nell’ordine di poche centinaia: i tribunali cominciavano a stringere le maglie. La stagione del TOLC-MED e la linea dura dei giudici (2020-2024) Con la pandemia il numero di posti in graduatoria è salito, ma i ricorsi non sono scomparsi. Nel 2023 è arrivato il TOLC-MED, test computer-based ripetibile due volte l’anno. Nuovo format, vecchi dubbi: picchi di punteggi sospetti in alcune sessioni, ricorsi collettivi presentati a raffica e un TAR inizialmente favorevole. Nel 2024, però, il Consiglio di Stato ha ribaltato il tavolo: test valido, ricorsi respinti, soprattutto stop ai maxi-ricorsi “eterogenei” con centinaia di studenti dalle situazioni troppo diverse. Il messaggio è chiaro: da ora la strada giudiziaria sarà più selettiva. Uno sguardo al futuro: la riforma Bernini dal 2025 Il cantiere delle ammissioni non è chiuso. Dal 2025 partirà la cosiddetta riforma Bernini: un semestre universitario di prova aperto a tutti, seguito da un esame-soglia per proseguire a Medicina. Riuscirà a far calare i ricorsi? Difficile dirlo. Se l’esame finale sarà percepito come trasparente, forse sì; altrimenti gli avvocati troveranno nuove crepe in cui infilarsi. Quel che è certo è che il contenzioso resterà un termometro delle imperfezioni del sistema. Ricorso oggi: chance reali o terno al lotto? Visto dall’interno, il ricorso è un’arma a doppio taglio. Negli anni d’oro poteva sbloccare migliaia di posti; oggi, senza irregolarità macroscopiche, la probabilità di successo è più bassa. Muoversi costa (da poche decine di euro in un’azione collettiva studentesca a svariate migliaia per un ricorso individuale) e i tempi sono lunghi: prima la sospensiva “con riserva”, poi anni di carte bollate fino alla sentenza definitiva. Se va bene spalanchi le porte; se va male perdi soldi e tempo. Il consiglio da “amico ” è: valuta caso per caso. Se eri molto vicino alla soglia, se hai prove concrete di un vizio nella tua aula e se il tuo legale è serio, il ricorso può essere un’opportunità. Se invece punti sul “tanto qualcun altro ha vinto”, rischi di scoprire che quelle vittorie fanno parte di una stagione irripetibile.

Dal liceo a Medicina: come cambia la fisica al semestre filtro
“Ma la fisica l’ho già fatta al quarto e quinto anno!” - Vero, però non la fisica che troverai nel semestre filtro. Ecco i cinque scarti di livello che colgono di sorpresa quasi tutti gli aspiranti medici (e come anticiparli con TestBuddy). Dal “così funziona” al “perché serve al corpo umano” Liceo: leggi di Newton, termodinamica, onde… in astratto. Università: ogni capitolo è agganciato a un processo biologico o a una tecnica diagnostica. Moto dei fluidi → emodinamica, pressione arteriosa. Elettromagnetismo → risonanza magnetica e pacemaker. Radiazioni → radiografie e radioterapia. Perché conta: dare esempi clinici nei compiti scritti fa guadagnare punti nei quesiti aperti e ti prepara già a Fisiologia e Diagnostica per immagini. Meno formule “a memoria”, più problemi applicativi Liceo: 80 % interrogazioni orali, 20 % esercizi numerici standard. Università: prova scritta nazionale, 10 problemi in 120 minuti; le domande di teoria servono solo a giustificare i passaggi. Consiglio TestBuddy: allena la risoluzione rapida con blocchi da 5 problemi cronometrati; il nostro timer integrato replica quelli dell’esame reale. Fisica dei fluidi reali, non solo ideali Al liceo si lavora (quasi) sempre con fluidi perfetti, viscosità trascurabile. Nel corso universitario imparerai: Viscosità del sangue e legge di Poiseuille. Numero di Reynolds e flusso turbolento (trombosi!). Effetto di pareti elastiche sulle arterie. Questi concetti compaiono spesso in graduatoria perché distinguono chi capisce il modello biologico da chi “lega” ancora a formule liceali. Statistica incorporata Molti atenei fondono Fisica medica con Statistica medica in un unico modulo. Devi quindi: Saper stimare incertezza sperimentale e propagazione degli errori. Usare distribuzioni e test di significatività per interpretare dati clinici. Se al liceo bastava “scrivi il ± Δ”, qui serve analizzare se una variazione di dose è clinicamente rilevante. Gestione pro-attiva di laboratorio e calcolatrice Al liceo: rarissime misure strumentali; calcolatrice semplice ammessa solo alle verifiche. Università: mini-lab virtuali o in presenza (misure di assorbimento, scintillatori); obbligo di calcolatrice scientifica certificata nell’esame scritto. Devi saper cambiare notazione ingegneristica al volo, usare funzioni log e trig in un’unica stringa, verificare unità con il tasto “ENG”. Come prepararsi senza shock Sblocco prerequisiti – completa il percorso “Algebra → Funzioni ” nella sezione Matematica. – Fai simulazioni su TestBuddy con lo stesso format ministeriale, correzione video passo-passo. – chatta con un tutor digitale che ti mostra come passare da dati reali (in mL · min⁻¹) all’unità richiesta in tre tocchi di calcolatrice. Scarica l’app, apri “Medicina 2025 semestre → Fisica medica” e prova la demo gratuita: in 15 min capisci subito se la tua fisica è ancora “da liceo” o già in modalità “medicina”.

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