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Medicina

Storia completa del Test di Medicina: Origini, Evoluzione e Futuro del Numero Programmato

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a nurse checking a patient's blood with a stethoscope

Storia del Test di Medicina in Italia

Introduzione

Il test di ammissione a Medicina in Italia è la prova selettiva nazionale che regola l’accesso ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia (oltre che Odontoiatria, Veterinaria e altri corsi sanitari) nell’ambito del sistema del numero chiuso. Ogni anno decine di migliaia di aspiranti medici si cimentano in questo esame a quiz, istituito per limitare gli accessi in base a posti disponibili programmati a livello nazionale. Tale meccanismo, se da un lato è ritenuto necessario per evitare il sovraffollamento delle facoltà, dall’altro è oggetto di dibattiti accesi e critiche sulla sua meritocrazia ed equità . Di seguito si presenta una ricerca completa sulla storia di questo test, con l’evoluzione delle modalità di selezione nel tempo, le principali riforme normative, i dati statistici sulle ammissioni, un confronto con altri sistemi europei e le polemiche che hanno accompagnato il numero chiuso.

Evoluzione delle Modalità di Selezione nel Tempo

Origini e accesso alle facoltà mediche nel ‘900: Fino agli inizi del XX secolo l’accesso agli studi medici era riservato a poche élite. In Italia, prima delle riforme del Novecento, l’iscrizione alle Facoltà di Medicina era consentita solo a studenti con un diploma di Liceo classico – condizione obbligatoria fino alla riforma Gentile del 1923. Fu proprio la riforma del ministro Giovanni Gentile a introdurre un primo ampliamento: dal 1923 in poi vennero ammessi a Medicina anche i diplomati di Liceo scientifico. Questo costituì un primo filtro formativo: di fatto, solo chi proveniva da studi secondari “altezzosi” (classico o scientifico) poteva aspirare alla carriera medica, mentre ne restavano esclusi gli studenti con altri tipi di maturità.

Apertura degli accessi nel 1969: La situazione cambiò radicalmente nel clima di riforme post-’68. Con la Legge 910/1969 venne abolito il vincolo del tipo di diploma richiesto: dall’11 dicembre 1969 tutti i possessori di un diploma di maturità, di qualsiasi indirizzo, ottennero il diritto di iscriversi a Medicina. Si passò dunque ad un regime di accesso libero: chiunque avesse finito le scuole superiori poteva immatricolarsi senza alcuna selezione iniziale. Questa apertura generò un boom di aspiranti medici e un afflusso travolgente di studenti nelle facoltà mediche. Nel giro di pochi anni si creò però uno squilibrio: il numero di laureati in medicina divenne superiore al reale fabbisogno sanitario, causando un esubero di medici e problemi di disoccupazione nella categoria. Già alla fine degli anni ’70 e negli anni ’80 emerse quindi l’esigenza di controllare l’accesso per evitare di formare più medici di quanti il sistema potesse assorbire. Inoltre, in quegli stessi decenni la Comunità Europea sollecitava i paesi membri a garantire standard formativi elevati per alcune professioni (inclusi medici e odontoiatri), il che spinse verso l’idea di introdurre un meccanismo selettivo.

Introduzione dei primi test (1987): Pur non esistendo ancora una legge organica sul numero chiuso, già nella seconda metà degli anni ’80 alcune università italiane iniziarono ad adottare autonomamente prove di ammissione tramite decreti rettorali. La svolta arrivò nel 1987, quando il Ministero dell’Istruzione emanò un Decreto Ministeriale che introduceva formalmente un test d’ingresso per numerose facoltà a carattere scientifico, Medicina inclusa. Fu l’allora senatore (e poi ministro) Ortensio Zecchino a promuovere questo provvedimento, che sanciva il principio di correlare il numero di studenti ammessi alle capacità formative delle strutture (aule, laboratori, docenti disponibili). In altre parole, si iniziò a programmare gli accessi in base alle risorse, con l’obiettivo dichiarato di selezionare gli studenti in ingresso in base alla preparazione e di evitare un eccesso di laureati non assorbibili dal mondo del lavoro. Tuttavia, questa prima introduzione del test avvenne via decreto e incontrò diversi ostacoli: seguirono infatti numerosi ricorsi legali che contestavano la legittimità di limitare l’accesso senza una legge formale, e la situazione rimase fluida per diversi anni (si veda la sezione normativa successiva).

Istituzione del numero programmato nazionale (dal 1999): La vera istituzionalizzazione del test di Medicina avvenne con la Legge 2 agosto 1999, n.264. Questa legge, promossa dal ministro Zecchino, introdusse il numero programmato a livello nazionale per alcuni corsi di laurea, tra cui Medicina e Chirurgia, Odontoiatria, Veterinaria e altri ambiti sanitari. La normativa previde che il Ministero fissasse ogni anno il numero di posti disponibili per queste facoltà, determinandolo in base a criteri quali la capacità didattica degli atenei (posti in aula, dotazioni di laboratori, personale docente e tecnico), la disponibilità di posti per tirocini e la necessità di garantire la qualità della formazione clinica. L’introduzione del numero chiuso nazionale era supportata anche da direttive europee (78/687/CEE e 93/16/CEE) che richiedevano alti standard formativi per odontoiatri e medici, giustificando dunque un filtro all’ingresso. Dal 1999 in poi, l’accesso a Medicina in Italia è regolato in maniera centralizzata: ogni anno un decreto ministeriale stabilisce i posti a disposizione e i contenuti della prova, che è identica su tutto il territorio nazionale.

Evoluzione recente del test (anni 2000-2020): Una volta istituito per legge il test di ammissione, le modalità selettive hanno continuato ad evolvere negli anni successivi per migliorarne l’efficacia e rispondere a nuove esigenze. Inizialmente, durante i primi anni 2000, la prova di Medicina e Odontoiatria si svolgeva separatamente per i due corsi. Ciò cambiò a partire dal 2011, quando i due test furono unificati in un’unica prova comune per Medicina e Odontoiatria . In quel periodo la struttura prevedeva 80 quesiti a risposta multipla da svolgere in 2 ore, predisposti da una commissione nazionale del MIUR . Sebbene la prova fosse identica in tutta Italia, inizialmente le graduatorie erano locali per ogni ateneo, il che significava che ogni candidato concorreva solo per l’università in cui svolgeva l’esame . Questo generava situazioni paradossali: uno studente poteva ottenere un punteggio alto ma non abbastanza per entrare nell’ateneo scelto, pur magari superando il punteggio minimo di altri atenei – senza però potersi spostare. Ciò causava l’esclusione di candidati meritevoli solo per la sede scelta e portò a numerosissimi ricorsi al TAR in quegli anni . Per porre rimedio, nel 2012 il Ministero introdusse un sistema di aggregazioni di sedi: ad ogni candidato era permesso esprimere più preferenze di ateneo, concorrendo su base interprovinciale (in pratica, alcune università vennero raggruppate insieme nelle graduatorie) .

Il vero cambiamento arrivò però nel 2013, anno in cui venne istituita per la prima volta la graduatoria unica nazionale. Da quel momento ogni candidato, con un solo test, poteva indicare una lista di preferenze (fino a preferenze, ad esempio indicando più atenei in ordine) e concorrere su scala nazionale . I posti venivano poi assegnati scorrendo una classifica unica, garantendo che chi aveva un punteggio sufficiente trovasse posto in qualche università tra quelle scelte, superando i vincoli territoriali del passato. Sempre nel 2013 vi furono altre novità: il MIUR affidò la preparazione dei quesiti al Cambridge Assessment (ente esterno) e ridusse il numero di quesiti a 60, diminuendo anche il tempo a disposizione a 90 minuti . L’anno fu particolarmente movimentato: inizialmente la prova era stata fissata a luglio, poi venne posticipata a settembre, creando incertezza tra gli studenti . Inoltre il governo introdusse (e poi revocò all’ultimo momento) il cosiddetto “bonus maturità”, cioè un punteggio aggiuntivo basato sul voto dell’esame di maturità: questo bonus fu cancellato proprio il giorno del test, mentre oltre 60mila candidati erano già seduti a svolgere la prova, suscitando proteste e polemiche .

Negli anni successivi, il formato del test subì ulteriori aggiustamenti. Nel 2014 il test si tenne eccezionalmente ad aprile (anziché a settembre) – una sperimentazione non ripetuta negli anni seguenti, ma che in quell’occasione generò notevoli proteste e difficoltà logistiche . Nel 2015, a seguito dei ricorsi, vennero modificate le regole di compilazione dei moduli anagrafici per garantire un’assoluta anonimità delle prove ed evitare possibili irregolarità nell’identificazione dei candidati . Tra 2016 e 2017 il contenuto delle domande venne ritoccato: pur riducendo la proporzione di quiz di logica a favore di quelli disciplinari, paradossalmente gli studenti rilevarono un aumento della soglia di preparazione necessaria – era diventato necessario rispondere correttamente ad almeno ~40 domande per sperare di entrare, contro le ~20 degli anni precedenti, segno di una maggiore competizione e forse di una relativa semplificazione dei quesiti . Nel 2018 la difficoltà dei quiz fu ulteriormente innalzata, in particolare nelle domande di logica . Negli anni immediatamente seguenti, vi fu un cambio di equilibrio nelle materie oggetto d’esame: inizialmente il test verteva soprattutto su logica (fino a 20 quesiti) e pochissimo su cultura generale (appena 2 quesiti); successivamente si passò a dare più spazio alla cultura generale (circa 12 domande) riducendo la logica (10 domande) . Questo incremento di nozioni nozionistiche (storia, letteratura, educazione civica, ecc.) rese il test ancora più impegnativo, richiedendo ai candidati conoscenze molto ampie su argomenti eterogenei – dalle istituzioni europee alla letteratura del ‘900 – oltre alle materie scientifiche tradizionali .

Le novità degli anni 2020: Più di recente, si è intervenuti nuovamente sulla struttura e sulle modalità del test di Medicina. Nel 2022, con decreto firmato dalla ministra Maria Cristina Messa, è stata modificata la distribuzione delle domande: si è deciso di ridurre il peso di cultura generale e ragionamento logico, aumentando invece i quesiti di biologia, chimica, fisica e matematica, considerati più attinenti alla futura carriera medica . Il totale rimase di 60 domande (per 90 punti massimo), ma con un bilanciamento diverso a favore delle scienze. Parallelamente, è stata avviata una riforma più ampia del sistema di selezione: a partire dal 2023, il tradizionale “concorsone” di settembre cede il passo al nuovo formato TOLC-MED (Test OnLine CISIA). Questo nuovo modello – introdotto in attuazione di una risoluzione parlamentare del febbraio 2022 e formalizzato con il DM n.1107/2022 – permette ai candidati di sostenere la prova in due sessioni annuali (indicativamente ad aprile e luglio), anche già dal penultimo anno di scuola superiore (Università, accesso programmato a medicina, odontoiatria e veterinaria: ecco i TOLC | Ministero dell'Università e della Ricerca) (Università, accesso programmato a medicina, odontoiatria e veterinaria: ecco i TOLC | Ministero dell'Università e della Ricerca). I test TOLC sono erogati dal consorzio inter-universitario CISIA in modalità computer-based presso sedi decentrate e sono ripetibili: lo studente può provare entrambe le sessioni e verrà poi considerato il punteggio migliore ottenuto (Università, accesso programmato a medicina, odontoiatria e veterinaria: ecco i TOLC | Ministero dell'Università e della Ricerca) (Università, accesso programmato a medicina, odontoiatria e veterinaria: ecco i TOLC | Ministero dell'Università e della Ricerca). La struttura del TOLC ricalca le materie del vecchio test, ma l’innovazione sta nel dare una doppia chance e in un maggior orientamento: i candidati, iscrivendosi al TOLC, ottengono accesso anche a materiali di preparazione (MOOC, esercitazioni) e possono valutare il proprio livello confrontandosi con gli esiti medi degli altri partecipanti (Università, accesso programmato a medicina, odontoiatria e veterinaria: ecco i TOLC | Ministero dell'Università e della Ricerca). Questa riforma mira ad attenuare la pressione del “tutto in un giorno” e a consentire una selezione più graduale e preparata. Al termine delle finestre TOLC, i punteggi confluiscono comunque in un’unica graduatoria nazionale per l’assegnazione dei posti disponibili, mantenendo il principio del merito comparativo su scala nazionale.

Riforme Legislative e Cambiamenti Normativi

L’evoluzione descritta sopra è stata accompagnata – e spesso guidata – da importanti riforme legislative e normative. Di seguito si riepilogano i principali provvedimenti che hanno segnato la storia del numero chiuso e del test di Medicina in Italia:

  • Legge Gentile (1923): Nell’ambito della riforma generale della scuola operata dal ministro Giovanni Gentile, venne sancito che solo i diplomati del liceo classico (e successivamente scientifico) potessero iscriversi a determinate facoltà come Medicina. Ciò formalizzò, a livello normativo, un filtro basato sul titolo di studio secondario, che rimase in vigore fino alla fine degli anni ’60.
  • Legge 11 dicembre 1969, n.910: Questa legge rivoluzionò l’accesso universitario in Italia, eliminando le barriere poste dal tipo di diploma. Come già accennato, dall’anno accademico 1969/70 tutte le maturità divennero valide per iscriversi a qualsiasi facoltà. In pratica, si stabilì per legge il principio dell’accesso libero agli studi universitari, Medicina compresa. La norma nacque in un contesto di democratizzazione dell’istruzione superiore, dopo le proteste studentesche del 1968, con l’obiettivo di ampliare le opportunità formative. Se da un lato realizzò l’eguaglianza formale di accesso, dall’altro portò ben presto al problema del sovraffollamento nei corsi come Medicina, senza un contestuale aumento delle risorse didattiche.
  • Decreto Ministeriale 1987: Di fronte all’esigenza di contenere gli accessi, nel 1987 si decise di intervenire per via amministrativa. L’allora Ministro dell’Università (Ortensio Zecchino) emanò un decreto che istituiva il numero chiuso in vari corsi di laurea scientifici, prevedendo prove selettive in ingresso. Il decreto sanciva un principio poi fondamentale: il numero di studenti ammessi doveva essere commisurato alla capacità formativa delle singole strutture (in termini di aule, laboratori, personale). Si trattò di una prima regolamentazione “soft” del numero programmato, senza passare dal Parlamento. Non essendo una legge formale, però, questo DM fu oggetto di contestazioni legali: molti studenti esclusi impugnarono la selezione davanti ai tribunali amministrativi (TAR), avviando una lunga serie di ricorsi. La giurisprudenza di quegli anni oscillò sulla legittimità del numero chiuso attuato via decreto ministeriale, creando incertezza applicativa.
  • Sentenza Corte Costituzionale n.383/1998: Negli anni ’90 il dibattito sul numero chiuso arrivò fino alla Corte Costituzionale. Con la sentenza 383/1998, la Consulta riconobbe la possibilità di limitare l’accesso agli atenei per garantire la qualità degli studi, ma sottolineò la necessità di una base legislativa chiara per farlo. In altri termini, la Corte invitò il legislatore a intervenire con una legge organica che disciplinasse criteri e modi del numero programmato, anziché lasciare la materia a soli decreti ministeriali. Questo pronunciamento fu determinante nel portare, l’anno successivo, all’adozione di una legge ad hoc.
  • Legge 2 agosto 1999, n.264 – “Norme in materia di accessi ai corsi universitari”: È la legge-cardine che regola tuttora il numero chiuso in Italia. Approvata dal Parlamento nel 1999 (ministro proponente: Zecchino), essa dispone che siano programmati a livello nazionale gli accessi a determinati corsi di laurea, tra cui Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria, Medicina Veterinaria, nonché i corsi delle Professioni Sanitarie e Scienze della Formazione Primaria (L 264/99) (L 264/99). La legge elenca esplicitamente questi corsi come soggetti a numero programmato nazionale, in ottemperanza anche a raccomandazioni e direttive UE che impongono standard formativi rigorosi per medici, dentisti, veterinari, etc.. L’articolo 3 della legge delega al Ministero dell’Università il compito di emanare ogni anno il regolamento attuativo (tipicamente un decreto ministeriale) fissando il numero di posti disponibili per ciascun ateneo, in base alla programmazione nazionale e al fabbisogno determinato d’intesa con le Regioni . La legge 264/1999 ha quindi messo ordine nella materia, fornendo la cornice normativa stabile per il test di ammissione: da allora, ogni anno accademico il Ministero (oggi MUR) emette un decreto con la determinazione dei posti e le modalità del concorso (argomenti, punteggi, date uniche nazionali). Vale la pena notare che questa legge fu confermata come costituzionalmente legittima dalla Corte Costituzionale con una pronuncia del 2013, che respinse le questioni di illegittimità sollevate dal Consiglio di Stato. Ciò ha definitivamente sancito la compatibilità del numero chiuso con il diritto allo studio, a patto che sia finalizzato a garantire la qualità della formazione e proporzionato alle risorse disponibili.
  • Riforma Gelmini (2010): Nel contesto della più ampia riforma universitaria varata dal ministro Maria Stella Gelmini (L.240/2010), non vi furono cambiamenti radicali nelle norme di accesso a Medicina, che restarono disciplinate dalla L.264/1999. Tuttavia, la riforma Gelmini intervenne sull’ordinamento degli studi e sulla governance accademica, contribuendo indirettamente a consolidare il sistema del numero programmato. Alcune fonti critiche hanno definito “distruttivo” il progetto compiuto dalla Gelmini, ma in concreto il test di Medicina è rimasto inalterato nella sua struttura normativa fino alle innovazioni degli anni successivi.
  • Proposte di riforma e sperimentazioni (2013-2015): Il dibattito politico ha più volte lambito il tema del test d’ingresso. Nel 2013-2014, ad esempio, l’allora Ministro dell’Istruzione Università e Ricerca Stefania Giannini ipotizzò pubblicamente di eliminare il test di Medicina in favore di un modello diverso di selezione “alla francese” (accesso libero il primo anno e sbarramento successivo). Questa proposta fece molto discutere e sembrò trovare spazio nelle linee programmatiche del governo Renzi, ma alla fine non venne attuata, probabilmente per le difficoltà organizzative che un’apertura totale avrebbe comportato per gli atenei. Un altro tentativo di riforma fu l’idea del “bonus maturità” nel 2013, già menzionato, introdotta con decreto ministeriale (Ministro Carrozza) ma subito abortita per problemi di equità e legittimità . Nel 2015, alcuni parlamentari avanzarono disegni di legge per abolire il numero chiuso o rivedere i criteri di selezione, senza però approdare a una modifica normativa concreta in quel momento.
  • Riforma Messa – Introduzione del TOLC (2022): Una novità normativa importante è arrivata con il Decreto Ministeriale n.1107 del 24 settembre 2022 (Ministro Maria Cristina Messa), che ha dato attuazione operativa alla trasformazione del test in TOLC-MED a partire dal 2023 (Università, accesso programmato a medicina, odontoiatria e veterinaria: ecco i TOLC | Ministero dell'Università e della Ricerca). Questo decreto – emanato anche in risposta a una risoluzione parlamentare approvata il 15 febbraio 2022 – ha disciplinato nel dettaglio i requisiti per partecipare (aprendo ai ragazzi penultimi anni di scuola superiore), le modalità di ammissione (due sessioni annue di test ripetibili), la struttura della prova e lo svolgimento informatizzato (Università, accesso programmato a medicina, odontoiatria e veterinaria: ecco i TOLC | Ministero dell'Università e della Ricerca) (Università, accesso programmato a medicina, odontoiatria e veterinaria: ecco i TOLC | Ministero dell'Università e della Ricerca). Si è trattato di un cambiamento normativo significativo, in quanto ha modificato per via amministrativa (nell’ambito della cornice della L.264/99, sempre valida) la prassi di selezione, inaugurando una fase di sperimentazione controllata del nuovo metodo.
  • Legge Delega “semestre libero” (2024): L’ultimo sviluppo, in corso di implementazione, è la riforma approvata dal Parlamento nel 2024 su iniziativa del governo. Nell’ottobre 2024 la VII Commissione Istruzione del Senato ha dato via libera a un disegno di legge delega che rivoluziona l’accesso a Medicina, prevedendo di abolire il test d’ingresso tradizionale e il numero chiuso al primo anno (Medicina, Bernini: “Stop numero chiuso e test d’ingresso. Ora accesso libero ai corsi di laurea” | Ministero dell'Università e della Ricerca) (Medicina, Bernini: “Stop numero chiuso e test d’ingresso. Ora accesso libero ai corsi di laurea” | Ministero dell'Università e della Ricerca). In base a questa riforma, dal 2025/26 (una volta esercitata la delega legislativa) si prospetta un sistema con accesso libero al primo semestre per tutti gli aspiranti medici, seguito da un “semestre-filtro”: alla fine del primo semestre gli studenti dovranno sostenere alcuni esami fondamentali e in base ai risultati ottenuti verrà stilata una graduatoria nazionale che determinerà chi potrà proseguire al secondo semestre e quindi al secondo anno (Medicina, Bernini: “Stop numero chiuso e test d’ingresso. Ora accesso libero ai corsi di laurea” | Ministero dell'Università e della Ricerca) (Medicina, Bernini: “Stop numero chiuso e test d’ingresso. Ora accesso libero ai corsi di laurea” | Ministero dell'Università e della Ricerca). Gli studenti non ammessi proseguiranno eventualmente in altri corsi di laurea, con riconoscimento dei crediti acquisiti nel semestre di prova, così da non perdere l’anno (Medicina, Bernini: “Stop numero chiuso e test d’ingresso. Ora accesso libero ai corsi di laurea” | Ministero dell'Università e della Ricerca). L’obiettivo dichiarato dal Ministro Anna Maria Bernini è rendere la selezione più equa e basata sulle competenze realmente acquisite dagli studenti, anziché su un quiz teorico (Medicina, Bernini: “Stop numero chiuso e test d’ingresso. Ora accesso libero ai corsi di laurea” | Ministero dell'Università e della Ricerca). Questa riforma nasce anche dall’esigenza di far fronte alla carenza di medici in Italia: il Ministero stima un fabbisogno di 30 mila nuovi medici nei prossimi 7 anni, e ha già aumentato significativamente i posti a Medicina, ma con questa revisione intende ampliare ulteriormente la platea iniziale senza sacrificare la qualità formativa (Medicina, Bernini: “Stop numero chiuso e test d’ingresso. Ora accesso libero ai corsi di laurea” | Ministero dell'Università e della Ricerca). Si tratta di un cambiamento storico, ancora in divenire al momento, che andrà a riscrivere profondamente la storia futura del test di Medicina in Italia.

In sintesi, il quadro normativo si è evoluto da un’estrema apertura (1969) a una regolamentazione stringente (dal 1999 in poi), con continui aggiustamenti per bilanciare diritto allo studio e qualità della formazione. Ogni riforma ha tentato di correggere le criticità emerse in precedenza, e il sistema è tuttora in trasformazione per rispondere sia alle esigenze del Servizio Sanitario Nazionale sia alle richieste di maggiore equità da parte dell’opinione pubblica.

Statistiche e Dati sulle Ammissioni negli Anni

L’andamento nel tempo dei posti disponibili e dei candidati al test di Medicina evidenzia le dinamiche e le conseguenze pratiche del numero chiuso. Ecco alcuni dati e tappe significative:

  • Boom di immatricolati (anni ’70-’80): Dopo il 1969, con l’abolizione delle barriere d’accesso, il numero di studenti iscritti a Medicina crebbe esponenzialmente. Nei primi anni ’80 si registrò un surplus di medici formati rispetto al fabbisogno nazionale, elemento che spinse poi a introdurre il numero programmato. (Le statistiche dettagliate dell’epoca non sono riportate qui, ma i resoconti dell’epoca parlano di facoltà sovraffollate e migliaia di nuovi laureati ogni anno in eccesso rispetto ai posti nelle specializzazioni e nel mondo del lavoro).
  • Posti a disposizione dopo il 1999: Con l’entrata in vigore della legge 264/1999, il Ministero fissò un contingente inizialmente piuttosto limitato di posti per Medicina. Ad esempio, per l’anno accademico 2000/2001 i posti disponibili a livello nazionale furono appena 7.106. Negli anni seguenti il numero venne gradualmente aumentato per far fronte alla crescente domanda. Il trend di crescita raggiunse un picco intorno alla metà degli anni 2010: per l’a.a. 2013/2014 i posti programmati erano saliti a 10.440, circa il 47% in più rispetto a inizio secolo. Fino al 2014 si è assistito a un aumento costante dei posti, seguito da una lieve flessione: tra il 2015 e il 2018 i posti calaronodi poco sotto quota 10 mila (politiche restrittive dovute a valutazioni sul fabbisogno). Successivamente, complice anche la rinnovata esigenza di personale medico, il trend si è invertito: nel 2019 vi fu un incremento del +18% rispetto al 2018, con posti risaliti a circa 11.568.
  • Aumento massiccio negli anni recenti: Negli ultimissimi anni il contingente di accessi a Medicina è stato ampliato in modo significativo. Si è passati da circa 9.000 posti/anno nel 2017 (9.100 per Medicina nel 2017/18)  a oltre 12.000 nel 2020, fino a superare i 20.000 posti nel 2024. In particolare, per l’a.a. 2023/2024 il Ministero aveva fissato circa 19.500 posti per Medicina (sommando quelli per candidati UE e quota extra-UE) , e per l’a.a. 2024/2025 si è arrivati a 20.867 posti per Medicina e Chirurgia (di cui 19.467 riservati a candidati UE o equiparati e 1.400 a stranieri extra-UE) . A questi si aggiungono oltre 1.500 posti per Odontoiatria e circa 1.272 per Veterinaria nel 2024 . Questo notevole ampliamento è parte della strategia per sopperire alla carenza di medici, concordata anche con le Regioni in base al fabbisogno del Servizio Sanitario Nazionale.
  • Numero di candidati e probabilità di ammissione: Parallelamente all’offerta di posti, è cresciuta negli anni anche la domanda, ovvero il numero di candidati che tentano il test. Nei primi anni 2000 il test di Medicina attirava già decine di migliaia di partecipanti: ad esempio, nel 2004 si presentarono circa 33.657 candidati. Da allora la cifra è quasi raddoppiata nel giro di un decennio: nel 2013 i candidati erano oltre 63.000. Negli ultimi anni, il bacino si è stabilizzato tra i 60 e i 70 mila partecipanti per anno. Per dare qualche riferimento recente: per l’a.a. 2018/2019 risultavano iscritti al test di Medicina e Odontoiatria 67.005 candidati (dato praticamente identico al 2017) ; nel 2020 i candidati effettivamente presentatisi furono circa 56.500 (su ~62.700 domande pervenute) (Università, pubblicati i risultati del test di Medicina e Odontoiatria Il ...); nel 2021 e 2022 analogamente sopra quota 50-60 mila. Considerando i posti disponibili, il tasso di ammissione oscillava intorno al 15-20% in quegli anni. Ad esempio, nel 2018 a fronte di ~67 mila concorrenti vi erano 9.779 posti di Medicina e 1.096 di Odontoiatria, il che implicava che solo circa il 16% dei candidati avrebbe ottenuto un posto . Negli anni seguenti, grazie all’aumento dei posti, le chances sono leggermente migliorate: nel 2023, con circa 65 mila partecipanti stimati e quasi 19 mila posti, la percentuale di ammessi potenziali si avvicina al 30%. Resta comunque una selezione severa: mediamente almeno 3 candidati su 4 non superano la prova, dovendo eventualmente ritentare l’anno dopo o ripiegare su altri corsi.
  • Distribuzione geografica e mobilità: Con l’introduzione della graduatoria nazionale dal 2013, molti studenti riescono ad ottenere un posto non necessariamente nella loro prima scelta ma in altri atenei disponibili. Ogni anno migliaia di immatricolati finiscono per spostarsi in un’altra città pur di inseguire il “posto” vinto tramite scorrimento nazionale. Le statistiche mostrano ad esempio che sedi tradizionalmente ambite (Roma, Milano, Padova, etc.) hanno punteggi minimi più alti, mentre altre sedi risultano accessibili con punteggi inferiori – fenomeno riequilibrato dal sistema di scorrimenti nazionale. I punteggi minimi di ammissione variano di anno in anno (tipicamente intorno a 36-50 punti su 90 negli ultimi anni, a seconda della difficoltà del test e del numero di posti).
  • Tasso di riuscita e percorso accademico: Un dato interessante emerso da analisi retrospettive è che molti studenti che accedono tramite ricorso (dunque inizialmente esclusi per pochi punti) riescono comunque a laurearsi e spesso con buoni risultati . Questo è citato dagli oppositori del test come prova che il filtro iniziale non individua necessariamente i “migliori” in termini di rendimento accademico, dato che anche chi era rimasto fuori può diventare un medico competente se inserito nel percorso formativo. D’altra parte, i sostenitori del numero chiuso ribattono con i dati sul tasso di abbandono: con l’accesso libero pre-1969 molti si iscrivevano ma in pochi terminavano gli studi; oggi invece quasi tutti gli ammessi completano il ciclo formativo, segno che la selezione ha scremato gli indecisi o meno motivati.

In sintesi, i numeri evidenziano come il sistema a numero chiuso sia stato calibrato nel tempo. Si è passati da un rapporto candidati/posti di circa 5:1 nei primi anni 2000 a punte di 6-7:1 attorno al 2010-2015, fino ad un rapporto più recente attorno a 3:1 o 4:1 grazie all’aumento degli accessi. Rimane però una competizione molto elevata, indice sia del prestigio e dell’attrattività della facoltà di Medicina, sia della rigidità del filtro iniziale. La programmazione dei posti, concordata col Ministero della Salute e le Regioni, cerca di tenere insieme due esigenze: da un lato evitare una pletora di laureati senza sbocchi, dall’altro formare abbastanza medici per il fabbisogno nazionale (equilibrio che, come vedremo nelle critiche, non sempre è stato centrato).

Confronto con altri Sistemi di Selezione in Europa

La selezione all’ingresso per i corsi di Medicina non è una peculiarità esclusiva dell’Italia: in molti paesi europei esistono meccanismi analoghi, sebbene con modalità diverse. Questo per via della natura stessa degli studi medici, che richiedono risorse costose e standard elevati, spesso normati da direttive comuni. Vediamo brevemente come funziona l’accesso a Medicina in alcuni principali paesi europei, confrontandolo col modello italiano:

  • Francia: Il sistema francese è stato a lungo citato nel dibattito italiano come possibile alternativa. In Francia vigeva (fino alla recente riforma del 2020) il modello del “numerus clausus” posticipato: l’iscrizione al primo anno delle facoltà medico-sanitarie è aperta a tutti i diplomati, senza test iniziale. Questo primo anno comune, detto PACES (Première Année Commune aux Études de Santé), funge però da grande selezione: alla fine dell’anno gli studenti devono affrontare un difficilissimo concorso/esame di sbarramento, che solo il 15-20% circa riesce a superare al primo tentativo. Il concorso verte sulle materie studiate nel corso dell’anno (biologia, chimica, anatomia, ecc.), ed è talmente selettivo che molti si preparano frequentando corsi privati paralleli data l’insufficienza delle sole lezioni universitarie. Chi non passa al primo colpo può ripetere il primo anno e riprovare l’esame una seconda (e ultima) volta. Dopo due tentativi falliti non è più consentito proseguire Medicina. Questo meccanismo, in vigore dal 2010/11 con la legge 2009-833, garantiva un numero programmato di promossi al secondo anno (numerus clausus nazionale fissato dal ministero francese), ma al prezzo di uno “spreco” iniziale: classi affollatissime al primo anno e un alto tasso di bocciature. Nel 2020 la Francia ha parzialmente modificato il modello abolendo il PACES e introducendo percorsi alternativi (PASS/LAS), ma resta una forte selezione nel passaggio al secondo anno. Dunque, rispetto all’Italia, la Francia differisce perché tutti possono iniziare Medicina, ma solo una piccola quota prosegue, in base a una valutazione su esami universitari veri e propri e non su quiz attitudinali iniziali.
  • Germania: In Germania l’accesso a Medicina è limitato a livello nazionale (le facoltà di Medicina, Odontoiatria, Veterinaria e Farmacia sono a numero chiuso), ma la selezione si basa molto sul curriculum scolastico del candidato. Il processo è gestito centralmente dallo “Stiftung für Hochschulzulassung”, un ente che smista le ammissioni per conto delle università. Ogni anno le università tedesche ammettono circa 11.000 nuovi studenti di Medicina, di cui una quota (~1.700) provenienti dall’estero. I criteri di selezione combinano più fattori: per legge il 20% dei posti va agli studenti col miglior voto di maturità (Abitur) su scala nazionale, un altro 20% a studenti che, non entrati subito, abbiano accumulato anni di attesa (“Wartezeit”) – un meccanismo peculiare che fino a qualche anno fa premiava chi era rimasto in lista d’attesa anche per più di 3 anni. Il restante 60% dei posti è assegnato dalle università con criteri autonomi, che in genere tengono conto ancora del voto di maturità, di eventuali test attitudinali aggiuntivi (TMS – Test für Medizinische Studiengänge) e di altri elementi come esperienze lavorative o motivazionali. Il TMS è un test nazionale specifico per Medicina che però non è obbligatorio per tutti; se il candidato lo sostiene e ottiene un buon punteggio, guadagna punti extra nella selezione (può essere tentato solo una volta). Dunque, diversamente dall’Italia, in Germania non c’è un unico esame di ammissione uguale per tutti, ma il fattore decisivo è il rendimento scolastico pregresso. Questo fa sì che l’accesso sia fortemente meritocratico in senso “curricolare”, ma rende difficile l’ingresso a chi ha voti di maturità non eccellenti. (Va notato che il sistema tedesco ha subito riforme di recente per ridurre il peso dell’attesa e introdurre più criteri attitudinali).
  • Regno Unito: Nel Regno Unito l’ammissione a Medicine (MBBS) è gestita autonomamente da ciascuna università, senza un concorso nazionale unificato. Tuttavia, si tratta comunque di un sistema altamente selettivo: le università britanniche richiedono ai candidati risultati eccellenti negli esami finali delle A-Levels (tipicamente voti A* o A in materie scientifiche) e, quasi tutte, richiedono anche di sostenere test attitudinali specifici come l’UCAT (University Clinical Aptitude Test) o il BMAT (BioMedical Admissions Test) a seconda dell’ateneo. Inoltre, il processo prevede colloqui motivazionali (interviews) e valutazione del curriculum (esperienze rilevanti, lettere di referenze, personal statement). Il numero di posti è di fatto limitato perché il governo britannico fissa un tetto alle immatricolazioni nelle medical schools (intorno a 7-8 mila all’anno in Inghilterra). Quindi, benché non esista un “test unico” centralizzato, si stima che solo circa il 20-25% degli aspiranti riesca ad ottenere un’offerta di ammissione. In sintesi, il modello UK punta su una selezione olistica: combinazione di voti scolastici, test standardizzati multipli e colloqui, lasciando ampia autonomia agli atenei ma all’interno di un numero chiuso nazionale implicito.
  • Spagna: Anche in Spagna Medicina è a numero limitato, ma il filtro avviene attraverso il sistema della Selectividad (ora chiamata EBAU/EvAU). Gli studenti spagnoli, terminato il bachillerato, affrontano un esame generale di ingresso all’università; per chi aspira a Medicina è fondamentale ottenere punteggi altissimi nelle prove, specialmente nelle materie scientifiche, poiché l’ammissione avviene per graduatoria di merito che combina il voto dell’esame nazionale e il rendimento scolastico. Non c’è un test specifico di Medicina uguale per tutti, ma in pratica solo chi totalizza punteggi molto elevati nella scala 0-14 (sommando maturità ed EBAU con pesi) riesce ad entrare a Medicina. I posti sono assegnati dalle singole università in ordine di punteggio fino a esaurimento. Dunque, la Spagna adotta una selezione per punteggio accademico centralizzato, non molto distante dal modello tedesco, ma basata su un esame di stato standard.
  • Austria: L’Austria ha introdotto il numero chiuso per Medicina nel 2006. L’accesso alle facoltà mediche austriache (Vienna, Graz, Innsbruck, Linz) avviene tramite un test di ammissione nazionale noto come MedAT. La prova si svolge una volta l’anno (di solito a inizio luglio) e consiste in diverse sezioni: biologia, chimica, fisica, matematica, comprensione di testi, ragionamento logico e aspetti psico-attitudinali. Il test è in lingua tedesca (è richiesta certificazione linguistica C1 ai candidati stranieri). I posti disponibili ogni anno in tutta l’Austria sono attorno a 1.560 (circa 1.416 per Medicina e 144 per Odontoiatria). Particolarità: per tutelare gli studenti austriaci, dal 2013 l’Austria riserva una quota (75%) di posti a candidati che abbiano fatto le scuole in Austria, limitando il numero di tedeschi che venivano in massa a sostenere il test (visto che l’istruzione è gratuita e in tedesco). Il modello austriaco è quindi simile a quello italiano attuale: un test nazionale su conoscenze scientifiche e attitudini cognitive, con graduatoria di merito.
  • Finlandia: La Finlandia applica il numero chiuso per Medicina, Odontoiatria e Veterinaria, combinando requisiti linguistici e un esame di ammissione selettivo. I candidati devono prima dimostrare un’ottima conoscenza del finlandese (o svedese) perché i corsi sono nella lingua nazionale. Superato lo sbarramento linguistico, tutti gli aspiranti medici devono sostenere un test d’ingresso organizzato da ciascuna università (ma spesso coordinato a livello nazionale). L’esame consiste tipicamente in domande di biologia, chimica, fisica e matematica, basate sul programma scolastico. Si tiene in primavera e ogni ateneo fa poi la propria graduatoria. Il tasso di ammissione è molto basso, dato che i posti sono pochi in rapporto ai candidati. Un aspetto interessante: l’Università di Helsinki offre la possibilità di sostenere il test anche in lingua svedese (seconda lingua ufficiale). Il modello finlandese enfatizza dunque la competenza linguistica e le conoscenze disciplinari, senza utilizzare i voti della scuola ma solo la prova scritta specifica.

In generale, quasi tutti i Paesi dell’Unione Europea prevedono un numero chiuso o un filtro all’ingresso per le facoltà di Medicina. Oltre agli esempi citati, sistemi di accesso limitato esistono anche in Gran Bretagna, Irlanda, Belgio, Svezia e molti altri. Ciascuno adotta criteri diversi (esami post-primo anno, graduatorie per voto, test attitudinali, colloqui, ecc.), ma la costante è che la formazione medica è programmata per numeri ristretti in ragione degli alti standard richiesti. L’Italia, con il suo test a risposta multipla nazionale, rappresenta una delle modalità possibili, privilegiando una prova oggettiva e simultanea per tutti i candidati. Altre nazioni puntano più sul percorso pre-universitario del candidato o su prove pratiche successive. Non mancano eccezioni: in alcuni Paesi dell’Est Europa l’accesso a Medicina è relativamente più aperto (talora con test meno selettivi o corsi a pagamento), il che ha portato molti studenti stranieri – inclusi italiani – a formarsi lì, come si vedrà nelle critiche. Nel complesso, però, il confronto europeo indica che il principio del numero chiuso a Medicina è comune, variando principalmente il “quando” e il “come” si effettua la selezione (prima dell’ingresso, dopo un anno, attraverso test o per merito pregresso).

Polemiche e Critiche al Test

Sin dalla sua introduzione, il test di Medicina e il sistema del numero chiuso sono stati oggetto di vivaci polemiche in Italia. Le critiche provengono da più fronti: studenti che si sentono esclusi ingiustamente, famiglie, associazioni, ma anche esponenti delle istituzioni e del mondo accademico che ne mettono in dubbio l’efficacia . Di seguito analizziamo le principali contestazioni e i dibattiti correlati, corredandoli con riferimenti documentali:

  • Meritocrazia e validità predittiva: Una delle critiche centrali riguarda la meritocrazia del test a quiz. Molti sostengono che una prova a crocette di 60 domande non sia uno strumento adeguato per selezionare i futuri medici . Valutare un candidato in due ore con domande teoriche (spesso di logica o cultura generale) può risultare riduttivo: non necessariamente chi eccelle in un quiz sarà il medico migliore al letto del paziente. Capacità come la comunicazione, l’empatia, la gestione dello stress o la motivazione – fondamentali nella professione medica – non vengono misurate dal test. Inoltre, vi è il fattore aleatorio: la performance di un singolo giorno può essere inficiata da ansia, stanchezza, fortuna/sfortuna con le domande estratte. Valutare una persona da un singolo test può essere limitante e non cogliere l’insieme delle sue potenzialità, affermano i detrattori. Una critica correlata è che spesso il test premia più le abilità di “test-taking” (strategie per rispondere ai quiz, velocità, sangue freddo) che non la reale preparazione o vocazione per la medicina. Per questo si osserva che molti studenti si affidano a corsi privati di preparazione, memorizzando trucchi e nozioni mirate: ciò avvantaggia chi ha risorse economiche, creando potenzialmente disparità socio-economiche nell’accesso. In sintesi, il test viene visto da alcuni come non completamente meritocratico, perché non garantisce di selezionare sempre i più adatti al mestiere di medico ma piuttosto i più bravi a superare quell’esame.
  • Equità e opportunità negate: Legato al punto sopra, c’è il tema dell’equità sociale. Il numero chiuso viene accusato di negare a migliaia di giovani il diritto di provare a diventare medico, basandosi su un filtro iniziale che talora premia il background più che il merito. Studenti provenienti da scuole superiori meno attrezzate, o che non possono permettersi costosi manuali e corsi preparatori, partirebbero svantaggiati. Ogni anno il test “boccia” circa 3 candidati su 4, molti dei quali avevano comunque studiato intensamente per mesi: il rischio è di generare frustrazione e una fuga di cervelli verso l’estero. Infatti, una conseguenza concreta del sistema italiano è che migliaia di aspiranti medici che non superano il test scelgono di immatricolarsi in università straniere dove l’accesso è più aperto (ad esempio in Paesi dell’Est Europa come Albania, Romania, Bulgaria, o anche in Spagna e Francia con corsi in inglese). Questo fenomeno ha due risvolti critici: da un lato, famiglie italiane costrette a investire ingenti somme per far studiare i figli all’estero; dall’altro, una perdita per il nostro paese di giovani motivati, che si formeranno altrove e spesso lì resteranno. Le associazioni studentesche sottolineano come il numero chiuso di fatto “esporti” il problema, selezionando per disponibilità economica (chi può sostenere i costi all’estero) più che per merito.
  • Errori e irregolarità nelle prove: Un capitolo spinoso nella storia del test di Medicina riguarda le frequenti irregolarità segnalate durante lo svolgimento delle prove. In oltre vent’anni di concorsi non sono mancati episodi di violazioni che hanno minato la regolarità e trasparenza della selezione. Ad esempio, in diversi anni ci sono state denunce di utilizzo di telefonini o auricolari nascosti da parte di candidati per comunicare con l’esterno, oppure di plichi aperti in anticipo con divulgazione illecita delle domande. Nel 2014 fece scalpore il caso di Bari, dove fu accertata la manomissione dei test e il TAR dispose l’ammissione in sovrannumero di tutti i candidati di quella sede. Nel 2022 l’associazione Consulcesi (tutela legale per medici) ha denunciato che il test è stato “uno dei più irregolari di sempre”, con un numero record di segnalazioni raccolte: sono emersi casi di candidati trovati con auricolari-spia, documenti d’identità falsificati per sostenere la prova al posto di altri, violazioni dell’anonimato e persino qualcuno che anticipatamente aveva “intuito” alcune domande poi uscite (Test Medicina, "un vero record di irregolarità" - Sanità - ANSA.it). Queste irregolarità scatenano puntualmente una valanga di ricorsi legali. Ogni anno, dopo i test, studi legali specializzati raccolgono segnalazioni di anomalie (aule sovraffollate, timer partiti in ritardo, domande ambigue o errate, ecc.) e avviano ricorsi collettivi al TAR chiedendo l’annullamento della prova o l’ammissione dei ricorrenti. In alcuni casi i tribunali hanno riconosciuto i vizi di procedura e disposto l’ammissione “in soprannumero” (cioè oltre il numero programmato) di centinaia di studenti ricorrenti. Questo succede ad esempio quando vengono annullate delle domande errate che possono aver inficiato l’esito per chi era poco sotto la soglia. Il ripetersi di irregolarità e ricorsi è una critica forte: secondo i detrattori il sistema non garantisce parità di condizioni per tutti i candidati, e chi riesce a entrare talvolta non è chi ha meritato di più ma chi ha beneficiato di un contesto organizzativo migliore o ha saputo sfruttare cavilli legali successivamente.
  • Abuso dello strumento del ricorso: Collegato al punto precedente, c’è da segnalare come il ricorso amministrativo sia diventato quasi una “seconda via” di accesso. Negli ultimi due decenni, si stima che decine di migliaia di studenti esclusi siano riusciti comunque a immatricolarsi in Medicina grazie a ricorsi vinti . Avvocati specializzati (spesso gli stessi Consulcesi, Avvocato Leone, etc.) hanno creato task force per raccogliere gruppi di ricorrenti ogni anno. Questa situazione paradossale – dove ogni settembre esce la graduatoria ufficiale, ma poi negli mesi successivi centinaia di esclusi vengono inseriti con riserva dagli atenei su ordine del TAR o del Consiglio di Stato – è vista come una spia del malfunzionamento del sistema. Idealmente, dicono i critici, un buon sistema di selezione non dovrebbe produrre questo continuo contenzioso giudiziario. Se così tanti ricorsi risultano fondati, significa che il concorso presenta falle e ingiustizie sistemiche. Di contro, il Ministero negli anni ha cercato di correggere le procedure (ad esempio appunto anonimizzando meglio i compiti, scegliendo con cura le domande, etc.) proprio per blindare il test dai ricorsi. Resta il fatto che il contenzioso legale è diventato parte integrante del percorso di ammissione: molti studenti affrontano il test già sapendo che, in caso di bocciatura, proveranno anche la carta del ricorso. Questa non è una situazione fisiologica e alimenta la percezione di inadeguatezza del metodo selettivo.
  • Carenza di medici e programmazione errata: Un’altra critica emersa soprattutto negli ultimi anni riguarda gli effetti a lungo termine del numero chiuso sulla disponibilità di medici nel Servizio Sanitario Nazionale. I detrattori sostengono che, per decenni, la programmazione degli accessi a Medicina sia stata troppo restrittiva, formando meno medici di quelli effettivamente necessari. Così, mentre negli anni ’80 c’era sovrabbondanza, dagli anni 2010 in poi l’Italia è arrivata ad avere un’oggettiva carenza di camici bianchi, aggravata dai pensionamenti massicci e dalla “fuga” verso il privato o l’estero. Durante la pandemia di Covid-19 (2020), questa carenza è emersa drammaticamente: si è dovuto ricorrere a medici in formazione e richiamare pensionati per far fronte all’emergenza. In quel frangente, paradossalmente, l’opinione pubblica ha iniziato a chiedersi se non fosse stato un errore limitare così rigidamente l’accesso a Medicina. Alcune voci autorevoli proposero addirittura di sospendere temporaneamente il numero chiuso per formare più medici e infermieri, dati i ranghi ridotti di personale sanitario di fronte alla crisi. Pur trattandosi di un caso eccezionale, la pandemia ha ravvivato le critiche secondo cui il numero programmato avrebbe “strozzato” l’imbuto formativo e prodotto meno medici del necessario. Il governo ha risposto aumentando i posti (come visto, quasi raddoppiati nel giro di pochi anni) e avviando la riforma del semestre aperto. Resta però il rammarico, da parte di alcuni, che molti giovani siano stati tenuti fuori dalle facoltà per anni mentre ora si corre ai ripari in fretta e furia. La programmazione del fabbisogno non è una scienza esatta, ma i detrattori puntano il dito contro una visione miope del numero chiuso che, nata per evitare la disoccupazione medica, ha finito per generare una carenza di professionisti.
  • Stress e conseguenze psicologiche: Sul piano umano, viene spesso sottolineato l’impatto psicologico negativo che il test ha su migliaia di ragazzi. Prepararsi per mesi (se non anni) sapendo che pochi punti possono decidere il proprio futuro genera un forte stress. La mattina del test è vissuta da molti con ansia altissima, e l’eventuale mancato superamento può portare a frustrazione, calo di autostima, senso di fallimento. Non tutti poi hanno la possibilità di riprovare all’infinito: c’è chi rinuncia al sogno dopo 2-3 tentativi, vivendo questo come un progetto di vita infranto. Le associazioni studentesche denunciano che il numero chiuso impone ai diciottenni una scelta draconiana immediata, senza possibilità di recupero se sbagliano approccio all’esame. In altri ordinamenti (vedi Francia) almeno si ha un anno di studi per capire se si è portati; in Italia tutto si gioca prima ancora di iniziare. Questa pressione precoce viene vista come diseducativa e potenzialmente ingiusta.
  • Critiche da parte delle istituzioni: Non solo studenti e famiglie, ma anche all’interno delle istituzioni vi sono posizioni critiche. Ad esempio, negli ultimi anni, alcuni esponenti politici hanno presentato mozioni e proposte di legge per abolire o riformare radicalmente il test. Nel 2019 il Parlamento discusse mozioni sul numero chiuso a Medicina, con posizioni trasversali: c’era chi ne chiedeva l’abolizione immediata per “liberare” gli accessi. Nel 2020 esponenti del Movimento 5 Stelle contestarono il sistema attuale definendolo non meritocratico e invocando maggiori investimenti per poter formare più medici . La stessa Ministra Bernini, nel 2023-24, ha dichiarato che porre fine al test tradizionale sarà “un passo storico per garantire a tutti i ragazzi l’opportunità” di diventare medici, pur garantendo una selezione più avanti (Medicina, Bernini: “Stop numero chiuso e test d’ingresso. Ora accesso libero ai corsi di laurea” | Ministero dell'Università e della Ricerca). Dunque, vi è consapevolezza anche a livello governativo delle criticità del metodo adottato finora. Per completezza, va detto che esiste anche una fazione favorevole al numero chiuso (accademici, medici affermati, alcuni politici) che difende il test sottolineandone gli aspetti positivi: “le domande a risposta multipla permettono una valutazione oggettiva e paritaria della preparazione iniziale”, “si evitano classi sovraffollate e si calibra il numero di laureati al fabbisogno, prevenendo disoccupazione”, “solo chi ha capacità adeguate accede, evitando sprechi formativi”. Questi sono i “pro” del numero chiuso evidenziati dai sostenitori. Tuttavia, nel discorso pubblico hanno avuto maggior risalto negli ultimi tempi le voci critiche, complice anche la situazione di carenza medica e le storie personali di aspiranti esclusi.

In conclusione, le polemiche sul test di Medicina ruotano attorno al dilemma tra selezione e diritto allo studio: trovare il giusto equilibrio non è semplice. Il sistema italiano ha garantito per anni un alto standard formativo (le nostre facoltà di Medicina sono ben valutate e i laureati italiani sono apprezzati all’estero), ma ha anche comportato sacrifici e contestazioni. Le critiche hanno contribuito a stimolare riforme – come la graduatoria unica nel 2013 o il TOLC nel 2023 – e stanno spingendo ora verso una possibile abolizione del test d’ingresso così come lo conosciamo. Sarà importante monitorare gli sviluppi futuri per capire se le soluzioni adottate (come il semestre filtro) riusciranno a superare le criticità segnalate e a scrivere un nuovo capitolo, più sereno, nella storia dell’accesso a Medicina in Italia.

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